Continuava a ridere, e raccontava, a frasi smozzicate, che non soltanto il vecchio, ma tutta la famiglia aveva preso l'impegno di farle perdere la testa e che sebbene fossero in tanti, non c'erano riusciti. Egli tentò di renderla ragionevole parlandole del Volpini. – Lasciami in pace con quella roba! gridò Angiolina e, visto ch'egli insisteva, ella senza rispondere, lo baciò e abbracciò come egli aveva fatto sino allora con lei nella bocca e sul collo, aggressiva come non era stata mai e finirono sul letto, ella col cappellino ancora in testa e col soprabito indosso La porta era rimasta spalancata, ed era difficile che i suoni di quella battaglia non fossero arrivati sino alla cucina ove si trovavano il padre, la madre e la sorella d'Angiolina.
L'avevano ubbriacata davvero. Strana casa quella di quei signori Deluigi. Egli non portò con sé alcun rancore contro Angiolina perché la sua soddisfazione, quella sera, era stata proprio perfetta.
Il giorno dopo si ritrovarono a mezzodì ambedue di umore eccellente. Angiolina assicurò che la madre non s'era accorta di nulla. Poi disse che deplorava d'essersi lasciata cogliere in quello stato. La colpa non era sua: – Quel maledetto vecchio Deluigi!
Egli la tranquillò, assicurandola che se fosse dipeso da lui ella si sarebbe ubbriacata una volta al giorno. Poi composero la lettera al Volpini con un'accuratezza di cui non sarebbero sembrati capaci nello stato d'animo in cui si trovavano.
Angiolina era potuta sembrare superiore nell'interpretazione della lettera del Volpini; la risposta colò intera dalla penna esperta di Emilio.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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