Trasse poi a sé le mani che con una sorpresa incredula trovò di nuovo vuote. Per qualche tempo, di sotto alle coperte, le venne un'angoscia che le faceva dimenticare quell'altra tanto violenta dell'affanno.
– Stai meglio? – le chiese Emilio, pregando. Voleva consolarsi al suono della propria voce, che modulò dolcemente, cercando di dimenticare la minaccia di violenza che aveva pesato su di lui. Si piegò a lei per farsi intendere meglio.
Ella lo guardò lungamente esalandogli in faccia il soffio frequente e debole del suo respiro. Lo riconobbe. Il calore del letto doveva pur averle aperti i sensi. Per quanto poi ella delirasse, egli non dimenticò d'essere stato riconosciuto.
Evidentemente ella andava migliorando. – Adesso andiamo via da questa casa – ella aveva detto facendo comprendere ogni sillaba. Aveva stesa anche una gamba per uscire dal letto, ma, avendola egli trattenuta con troppa più violenza di quanta fosse occorsa, si rassegnò subito e dimenticò il proposito che l'aveva spinta a quell'atto.
Lo ripeté poco dopo, ma non più con la stessa energia, e pareva rammentasse che le fosse stato imposto di coricarsi e vietato di uscire dal letto. Parlava ora. Le pareva che avessero cambiato di casa e che ci fosse molto da fare, affannosamente da fare per mettere tante cose in ordine. – Dio mio! Tutto è sucido qui. Io me n'ero accorta ma tu ci sei voluto venire. Ed ora? Non andiamo?
Egli cercò di calmarla secondandola. L'accarezzò, dicendole che non vedeva che tutto fosse tanto sucido, e che ora che si trovavano in quella casa sarebbe stato meglio di rimanerci.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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Emilio Dio
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