Aveva ogni parte del lungo corpo in continuo movimento; dietro agli occhiali si movevano irrequieti gli occhi pallidi.
Chiese un libro d'indirizzi ad Alfonso, e, la parola non abbastanza pronta, con le mani cercava d'indicare la forma del libro, fremendo d'impazienza. Quando l'ebbe, già scartabellandolo nervosamente, guardò Miceni sorridendo con cortesia e lo pregò di rimanere perché doveva dargli ancora del lavoro. Miceni, pronto, si levò il soprabito, lo appese con cura, sedette e prese la penna in mano in attesa delle istruzioni.
Il signor Sanneo era antipatico ad Alfonso, perché brusco, ma era costretto ad ammirarlo. Di un'attività prodigiosa in un organismo debole, il signor Sanneo aveva una memoria ferrea, sapeva di ogni piccolo affare, per quanto remoto, le più minute particolarità. Sempre sveglio, maneggiava la penna con rapidità fulminea e non senza abilità. In certe giornate passava dieci ore di fila in ufficio, instancabile nel regolare e registrare. Per piccolezze, Alfonso lo sapeva dai copialettere che talvolta doveva leggere, sollevava polemiche accanite.
— Perché si sacrifica in tale modo? — si chiedeva Alfonso che non comprendeva la passione per quel lavoro.
Sanneo aveva un difetto che Alfonso apprese da Miceni. Era volubile, dava le sue preferenze a capriccio e sempre perseguitando i non preferiti. Sembrava davvero che in ufficio egli non potesse avere più di una simpatia alla volta. Allora prediligeva Miceni.
Il signor Maller aperse la porta e dopo d'essersi accertato che c'era Sanneo entrò nella stanza.
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