— Oh! — fece Santo con un gesto che doveva significare disprezzo ai voleri dei padroni ma che stonava con le sue parole. — Giovanna mi disse che sono ancora tutti di là, in tinello.
Pure, scosso dalla paura di Alfonso, si diresse verso la porta di uscita. Ad onta della sua agitazione, quel letto commosse Alfonso e fino all'uscita vi tenne rivolto lo sguardo. Così chiuso era veramente virginale. Accanto ad esso v'era un inginocchiatoio in legno oscuro.
Si sorprese di trovare nell'altra stanza la biblioteca. Grandi armadi contenenti libri coprivano quasi per intero le pareti. La suppellettile ne era semplice: un grande tavolo coperto da un panno verde nel mezzo e d'intorno delle sedie comode e due ottomane.
Improvvisamente entrò il signor Maller.
Non avevano udito il rumore del suo passo. Chiese bruscamente a Santo che cosa facesse in quel luogo.
— Ho voluto far vedere al signor Nitti la biblioteca, — rispose Santo balbettando.
Aveva perduto la sua disinvoltura da padrone; stava rigido in posizione di attenti, tenendo la candela molto bassa. Palesemente mentendo aggiunse:
— Siamo entrati per di là — e accennò alla porta di mezzo.
Alfonso si avanzò:
— Venivo a disturbarla... — e s'interruppe credendo di avere già espresso tutto il suo pensiero.
— Il signor Nitti! — e il signor Maller con gesto signorilmente cortese gli porse la mano, — benvenuto! — Parlava affabilmente ma con poca vivacità. — Mi dispiace di non poter rimanere con lei come avrei desiderato; ho da vedere qui qualche cosa e poi debbo andarmene.
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