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      Macario trascinò seco Alfonso a destra, verso la stazione.
      — Avrei preferito di non venir invitato. Del resto sia certo che non mi lagnerò con nessuno.
      Gli era venuto il sospetto che Macario volesse questa promessa.
      Macario si mise a ridere:
      — Oh! in quanto a me, può raccontarlo a tutti. Crede davvero ch'io ami tanto i miei cari parenti? Non ha visto con quanto piacere feci adirare la cuginetta? Che vanerella, eh!
      Poi evidentemente non pensava più al contegno di Annetta con Alfonso. Parlava per proprio conto e alquanto agitato.
      — Come poteva io lodarla dopo averla udita poco prima filare le note di quella canzone da Gavroche come se fossero state di una romanza di Tosti! Di qui a qualche tempo, potrò mentire perché allora non rammenterò più quelle note e soltanto la magnifica figura agitata dalla stanchezza. Non trova che di solito la faccia di mia cugina non è abbastanza vivace? Ecco! Come Napoleone aveva il pieno possesso delle sue facoltà mentali soltanto sul campo di battaglia, così mia cugina non è bella perfettamente che quand'è agitata! Ma è difficile agitarla.
      Alla luce di un fanale Alfonso vide che mancava il gesto abituale.
      Con la sua semplicità da contadino gli chiese se realmente non volesse bene a sua cugina.
      — In quanto ad amarla... — si fermò volendo far mostra d'essere pentito dello scherzo e con voce profonda e seria continuò: — Amo le ragazze che sono fatte altrimenti. Mia cugina non è una ragazza, è una donna e anzi di più... — e fece un breve risolino; — una cara donna però, bella, dotta troppo, tanto che spesso appare di non essere educata.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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