Questi attribuiva tutte queste irregolarità a sbadataggine e non le puniva che rimandando le lettere con l'ordine di mutarle, e Miceni dal canto suo non trovava altro modo di vendicarsi che scrivendo le lettere con calligrafia trascurata e mormorando:
— Finirò col fargliele rifare a lui!
Quest'inimicizia avrebbe potuto restare latente per molto tempo se Miceni in un momento d'ira non avesse chiaramente spiegato a Sanneo tutto il suo malvolere.
Erano le ore di maggior furia di lavoro, alla sera, e Sanneo trovò una lettera di Miceni fatta del tutto diversamente dal modo ch'egli avrebbe voluto; si rammentò anche che per quella lettera Miceni non s'era notabenato.
Venne da Miceni a passo di corsa, agitatissimo perché sospettava che l'errore fosse stato fatto scientemente.
— Questa lettera non può partire — e la scuoteva con la mano nervosa; — io voleva che si scrivesse altrimenti, non ha visto il notabene? Mi faccia vedere la lettera originale!
Visto che Miceni, che voleva guadagnare tempo, si moveva con troppa lentezza, prese lui il pacco di lettere, le sparse sul tavolo e ne trasse il corpo del delitto.
— Non vide questo notabene? — gridò furibondo.
Infatti era difficile non vederlo. Era fatto con una matita rossa; la prima gamba della N correva larga diagonalmente attraverso la facciata, la seconda era più breve ma soltanto perché dopo essersene staccata rimaneva parallela alla prima e lo spazio più non bastava; il B si spingeva più piccolo sin fuori della facciata e gli mancava una gobba.
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