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      Fu sua la colpa se Sanneo con tanta facilità ottenne la vittoria.
      Una domenica, un impiegato della stessa corrispondenza gli diede l'incarico, in iscritto come al solito, di scrivere subito a un cliente per invitarlo con energia di rimettere la copertura per differenze risultate in affari di borsa. Quantunque sapesse che l'ordine era stato dato da Sanneo, avendo il desiderio di andarsene, Miceni non lo eseguì e dichiarò che domenica non lavorava. L'impiegato riferì la risposta a Sanneo il quale andò su tutte le furie. Corse da Miceni e senza chiedere spiegazioni, con la schiuma alla bocca, gridò:
      — Scriva immediatamente questa lettera! — e gettò l'avviso sul tavolo.
      — Oggi è domenica, — rispose Miceni livido e tremante; il suo coraggio era voluto e la sua natura era da vile. — Di domenica io non lavoro.
      Era stato Sanneo che aveva imposto alla corrispondenza di lavorare anche alla domenica mattina, ma cose di premura si eran fatte anche prima che egli divenisse capo; certi lavori non ammettevano dilazioni.
      — Ah! così! — chiese Sanneo con voce pacata. Da un momento all'altro era ridivenuto calmo e se ne andò col suo passo rapido quasi non avesse voluto lasciar tempo a Miceni di modificare la sua risposta.
      Poco dopo fece chiamare Alfonso.
      — La prego, signor Nitti, faccia lei questa lettera.
      Gli parlò con una dolcezza insolita e con voce commossa. Per una lettera di pochi versi trattenne Alfonso per un quarto d'ora abbondante; dapprima gli espose lo scopo della lettera, poscia letteralmente la dettò.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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