White entrato allora guardò Miceni con fredda curiosità.
— Lei viene trasferito alla contabilità?
La vista di chi era stato più fortunato di lui, fece perdere a Miceni quel poco di padronanza di sé che ancora gli era rimasta. Non c'era nulla da ridere, disse, quantunque White non avesse riso; se egli avesse goduto di tante protezioni come White, l'affare avrebbe preso tutt'altra piega. White non si difese e freddo, freddo, sorridente, rispose che sapeva di essere protetto e che non gli dispiaceva che anche gli altri lo sapessero; fece inviperire vieppiù Miceni. Pareva volesse vendicarsi dell'attacco che l'aveva lasciato tanto indifferente.
— Chi troppo abbraccia nulla stringe.
Allora Miceni nella grande ira si commosse.
— Che cosa ho voluto che fosse di troppo? Giustizia! è troppo? Venir trattato pulitamente! è troppo?
Non piangeva, ma la sua voce era piena di lagrime e White divenne più mite; non seppe risparmiargli l'ultima freccia per mettere a posto i fatti:
— Lei diceva però di voler essere indipendente.
Miceni risolutamente negò; egli voleva, esplicò, essere indipendente solamente nel caso che Sanneo non avesse saputo contenersi meglio. Adesso, appena, s'accorgeva della difficoltà del compito che s'era assegnato e si vergognava d'essere stato battuto in quel modo.
White spiegò poscia ad Alfonso la gravità del caso toccato a Miceni. Veniva relegato alla contabilità e ad un posto inferiore perché la pratica del corrispondente non bastava a fare il buon contabile.
— Poi la noia per chi è abituato ad un lavoro più variato!
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