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      Si trattava di affari e Alfonso non volle volontario sottoporsi al lavoro ch'era quella lettura. Un ultimo dispaccio gli venne fatto vedere da Starringer, lo speditore, per le mani del quale passavano tutti i documenti e che li leggeva tutti. Il dispaccio di Maller si chiudeva con le parole: «Avvertite la mia famiglia che arrivo domattina. La carrozza venga a prendermi alla stazione».
      Il signor Maller doveva essere giunto da ventiquattr'ore e Alfonso ancora non lo aveva veduto. Si aspettava di trovarsi da un momento all'altro faccia a faccia con lui e camminava più timido che di solito per il corridoio.
      Miceni venne ad avvisarlo che usciva appunto dalla stanza di Maller ove era stato per salutarlo. Il signor Maller lo aveva accolto con immensa cortesia e gli aveva stretto due volte la mano. Solitamente, parlando dei superiori, Miceni era velenosamente democratico, ma quel giorno, sotto l'impressione di quelle due strette di mano, era più dolce e pareva gli avessero fatto dimenticare lo scacco subito da Sanneo. Non soltanto lodava il signor Maller per la sua cortesia, ma anche da impiegato affettuoso si rallegrava di trovargli l'aspetto fiorente.
      — Mi consigli di andarlo a salutare anch'io?
      — Vanno quasi tutti; puoi fare come meglio ti sembra.
      Alchieri ci era andato, ma non valeva quale norma, perché Sanneo lo aveva mandato in direzione per affari e così aveva salutato Maller occasionalmente. White tanto meno poteva servire d'esempio ad Alfonso perché le stanze dei direttori erano quasi stanze sue e ci passava metà della giornata.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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