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      Ancora una volta si parlò di arte o quasi, come Annetta sorridendo disse al momento del congedo. Alfonso, che per poco che avesse frequentato il teatro s'era già accorto quale danno apportasse allo spettacolo il chiacchierio degli spettatori, proponeva di introdurre nei teatri il sistema dei teatri tedeschi, d'imporvi il silenzio e di abbassare nella sala i lumi. Gli spiacque di non poter più dare ragione ad Annetta per la semplice ragione ch'ella adottò il parere contrario al suo dopo ch'egli già lo aveva emesso. A teatro ad Annetta importava meno lo spettacolo sulla scena che quello in platea. Diceva che le piaceva osservare i suoi simili più che gli omicciattoli fatture di altri omicciattoli.
      — L'arte ci perde, lo riconosco, ma l'arte a teatro è poi arte?
      Fece una smorfia di disprezzo che lasciò Alfonso di nuovo ammirato Egli non sapeva abbracciare così ciecamente delle idee altrui.
      Uscendo, Alfonso scorse una donna sul pianerottolo superiore, la quale, al vedere Macario, si ritirò con precipitazione. Aveva la statura di Francesca, ma Alfonso non poté vederne il volto.
      Si sentiva avvicinato a Macario più da quella visita che da mesi di relazione. Fu subito indiscreto:
      — Strano che la signorina Francesca non sia rimasta a farci compagnia. L'altra volta mi era sembrata di carattere espansivo e allegro. Che cosa può avere da renderla così selvaggia?
      — Mal di capo probabilmente, — rispose Macario brevemente e cambiò discorso. — Ha veduto che mia cugina è migliore della sua fama e dell'idea ch'ella se ne era fatta.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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