Poi, con meno parole e meno energia, egli parlò anche del nuovo fondamento ch'egli voleva dare alla morale. L'esposizione della prima parte del suo lavoro aveva fatto impressione e non poteva sperare di ottenere un effetto eguale con l'altra in cui non si trattava di annientare delle leggi ma di fabbricarne, cosa noiosissima.
La gioia di vedersi legato in qualche modo ad Annetta fu tale che credette di poter correre a casa e stendere alla brava tutto l'argomento di un romanzo, fissandone anche i capitoli. Era cosa sorprendente quella di essere divenuto tutto ad un tratto il collaboratore di Annetta, e quando ripensava ai sentimenti per lui che nella settimana precedente egli le aveva attribuiti, gli sembrava cosa addirittura incredibile. Se si fosse imbattuto subito in Macario gli avrebbe gettato le braccia al collo per ringraziarlo della grande felicità di cui gli andava debitore e con l'espansione che dà la felicità gli avrebbe raccontato della proposta di Annetta e del valore ch'egli attaccava a tale proposta.
Intanto quella stessa sera una parte del suo entusiasmo venne raffreddato. Stese l'argomento nel minimo spazio possibile: «Un giovane nobile impoverito viene a cercare fortuna in città... perseguitato dal principale e dai compagni... amato da costoro perché con atto intelligente salva la casa da grossa perdita... sposa la figlia del principale.» L'argomento in sé non era originale di molto, ma quello che più gli dispiacque fu la chiusa del romanzo che da Annetta non era stata neppure proposta per quanto naturalmente derivasse dalle premesse.
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