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      — Non ho saputo far nulla perché c'è il guaio che ancora non so che cosa fare.
      Dopo aver riflettuto per un istante, Annetta gli disse a bassa voce:
      — Venga domani alle sette; può?
      — Certo! — e si sentì battere il cuore.
      Così a bassa voce si davano anche gli appuntamenti amorosi.
     
     
      XII
     
      Alfonso venne accolto da Santo sulle scale.
      — L'attendevo, — disse costui sorridendogli con grande amicizia.
      Lo trattava con rispetto, lasciandogli il passo alle porte e inchinandoglisi profondamente dopo di avergli aperta la porta della biblioteca. Anche alla banca coglieva ogni occasione per provargli la sua deferenza.
      In biblioteca trovò Annetta e Francesca, questa sul suo eterno ricamo, quella scrivendo.
      — Facevo il primo abbozzo, — gli disse Annetta. — Venga, venga, mi aiuterà perché da sola non ci riesco.
      Gli pose d'innanzi la carta, piccola e elegante carta da lettera, e una penna.
      — Starà maluccio ma il posto è sufficiente quando c'è tanta voglia di fare come da noi due.
      Il tavolo era troppo basso e non c'era posto perché ella non s'era curata di asportare giornali. Francesca supplì alla dimenticanza di Annetta.
      — Capisco che se non vi aiuto, da soli non ne verreste a capo.
      Prese un fascio di giornali e lo gettò in un canto.
      Sembrava che le relazioni fra le due donne fossero migliorate. Francesca non aveva più l'aspetto da sofferente quantunque sul suo volto, ch'era sempre pallido, soltanto le labbra fossero meno bianche, e Annetta non evitava di rivolgerle la parola.
      — Bada di non voler mettere la tua idea nel romanzo, perché si può ammettere di fare un romanzo in due ma non in tre.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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