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      » Bisognava raccontare i precedenti di tale situazione ed era quindi un altro romanzo in cui Alfonso aveva la mano libera. In poche parole espose lo stato d'animo della madre che riceve l'annuncio del matrimonio del duca e ne dà comunicazione alla figlia non sapendo quale tempesta tale notizia debba sollevare nel cuore della povera fanciulla, la quale sopporta il colpo con dignità e si sfoga soltanto quando si ritrova sola nella sua stanza. Là però, oltre che sfogarsi, pensa con dolore ai tempi passati, alla prima fanciullezza trascorsa col duca ch'era suo cugino, un bambino feroce che spesso l'aveva battuta ma che se ne era fatto amare. E giù una descrizione che ad Alfonso sembrò riuscita, dolce come un idillio. Erano brevi tocchi come se l'autore fosse stato persona che per altre gravi preoccupazioni non avesse saputo rivolgere tutta la sua attenzione al racconto e avesse lasciato correre la penna sulla carta, dandole ad ogni tratto la direzione e non inquietandosi di troppo se presto l'abbandonava. Egli sapeva che a questo modo tutto il romanzo non poteva venir condotto, ma intanto il capitolo era fatto.
      Lo consegnò ad Annetta il mercoledì e Annetta raccontò a tutta la compagnia del lavoro ch'ella ed Alfonso imprendevano a fare. Spiegò poi a Spalati e a Prarchi perché non avesse scelto loro invece di Alfonso. Al primo disse che non lo aveva scelto perché col proprio professore si lavorava timidamente; aveva escluso Prarchi invece perché troppo risolutamente verista. Prarchi asserì ch'era meno verista di quanto egli stesso si dicesse e che per l'occasione avrebbe saputo sacrificare tutto quello che nelle sue opinioni vi fosse stato di esagerato.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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