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      Così si cominciava appena, ma il passo fatto era gigantesco. Per quella sera non ebbe dubbi. Egli amava Annetta e la voleva sua. Era bensì la via che aveva battuto per arrivare alla ricchezza, ma allora egli non ne sapeva nulla. Un sorriso di Annetta era la felicità! Gli era stato domandato un atto e la sua dichiarazione era stata un atto ardito ma non brutale: dolce, rispettoso anche più di quanto avrebbe potuto esser la parola.
      Per parecchie sere, Francesca rimase presente alle loro sedute e ad Alfonso non dispiacque. Con gli occhi parlava ora: il linguaggio degli occhi è come quello della musica; non concreta nulla quando non c'è la parola, ma quando c'è o c'è stata dice meglio e più che la parola stessa. Non erano sguardi arditi, ed egli né cercava più di scoprire una linea frugando con occhio indiscreto in quelle vesti morbide, né stringendole la mano accarezzava per soddisfarsi nel contatto. Quella dichiarazione, quell'uscita dal desiderio solitario aveva fortificato il suo amore, gli aveva fatto respirare aria pura. Egli non avrebbe però saputo dare un'appendice in parole a quel bacio.
      Una sera, erano in biblioteca, Francesca nel bel mezzo della seduta si allontanò sulle punte dei piedi per non disturbarli. La sua assenza durò un quarto d'ora e quando ritornò li trovò al punto a cui li aveva lasciati. Alla sua uscita Alfonso era trasalito credendo, sempre secondo quanto gli aveva predicato Macario, di essere ora obbligato a dire qualche cosa. Rimuginò alcune ideuccie, ma Annetta gl'impedì di dirle parlandogli con tutta tranquillità del romanzo.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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