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      Voleva indovinare quando da quella esposizione ella sarebbe stata portata a pensare a Fumigi e voleva vedere come, pensandoci, atteggiasse il volto.
      Quella settimana era stata due volte a teatro. Aveva però avuto anche parecchie sere di noia ed una sera era stata lì lì per mandarlo a pregare di venir a sollevarla dalla noia con le sue idee filosofiche e la sua collaborazione al romanzo.
      — Sarei venuto tanto volentieri! — mormorò Alfonso con voce soffocata dall'emozione.
      — Sì? — chiese Annetta arrossendo ella pure — per un'altra volta, siamo intesi?
      Fu questa gentilezza che diede un coraggio da leone ad Alfonso.
      — Niente altro? — mormorò quand'ella ebbe finito di descrivere la sua settimana.
      — Niente altro! — rispose Annetta sorpresa e tutt'ad un tratto impallidendo.
      — Io ho passato una brutta settimana — disse Alfonso con voce profonda.
      Le raccontò ch'era stato avvisato minacciargli una sventura e che dapprima non ci aveva creduto, ma che ad ogni passo aveva trovato indizii che sussisteva la minaccia e fors'anche la sventura in modo che quando seppe che quest'ultima era stata evitata non volle crederlo perché da troppo lungo tempo l'aveva ritenuta inevitabile. Ancora ne dubitava. La successione dei fatti era stata esposta con tale verità che, rammentandosi del dolore provato, gli vennero le lagrime agli occhi e si fermò per arrestarle.
      Fu questa la dichiarazione e quando Alfonso più tardi ci ripensò dovette sorridere perché certamente non era stato l'amore che gli aveva cacciato le lagrime agli occhi ma bensì, come sempre da lui, la compassione di se stesso.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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