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      Annetta provava la compassione sempre con grande vivacità. Gli si era avvicinata e stringendogli la mano, gli chiese:
      — Vediamo, signor Alfonso, non si potrebbe vivere di nuovo da buoni amici, lieti, contenti, come altre volte? Che cosa le è accaduto da renderla eternamente muto e proprio sempre occupato di far sapere alla gente ch'è malcontento?
      — È che ho sempre delle parole qui, — e accennò alla gola, — e che mi viene impedito di dirle. — Sempre ancora chiamava parole quelle ch'egli aveva in gola! Era ridivenuto subito lieto quale Annetta da un mese non lo aveva veduto: da quella sera in cui per l'ultima volta avevano parlato insieme del loro amore. Il fatto si è che, colpito dalla rude lezione che Annetta gli aveva data, egli per il momento non era affatto travagliato da desiderî. Le baciò le mani ch'ella gli abbandonava e quest'abbandono non gli dava altro piacere che di sentirsi rassicurato del tutto, ma anche la noia di dover simulare un grande entusiasmo. Ella s'incalorì, perché l'agitazione della serata ridava a lui la parola vivace e originale che sempre riusciva a scoterla.
      Se ne andò stanco ma calmo del tutto, così che la sua stanchezza somigliava a sazietà. Mentre Annetta aveva creduto d'intimidirlo e ricondurlo al rispetto ch'egli altre volte le aveva dimostrato, egli aveva sofferto al ritrovarla quale Macario l'aveva descritta. Quella sera l'aveva vista dapprima fredda e sdegnosa, evidentemente un contegno risultato dal calcolo, il timore di vedersi compromessa in un'avventura poco conveniente; poi lo sdegno non s'era mitigato, ma ella s'era agitata.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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