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      Profondamente commosso, Alfonso chiese a Miceni di quale malattia soffrisse Fumigi.
      — Malattia? — chiese Miceni già col tono dell'ira, — non è malattia, è una sovreccitazione nervosa che si buscò dal troppo lavoro. Inventa macchine e continua a lavorare tutto il giorno in ufficio.
      — Ne ho piacere! — disse Alfonso con sincerità. — Il medico ha assicurato che guarirà?
      Aveva il desiderio di essere certo che la malattia di Fumigi non era grave.
      — Ma sì! — rispose Miceni bruscamente.
      Racconsolato, Alfonso sperò di veder ben presto di nuovo Fumigi e guarito. Lo avrebbe trattato affettuosamente e nel modo che gli sarebbe stato possibile avrebbe cercato di lenire i dolori ch'egli aveva aiutato a procurare a quel povero ometto disgraziato.
      La sera s'imbatté in Prarchi. Correva infuriato per il Corso; lo fermò — scusi, non ho tempo! — gli disse Prarchi cercando di passar oltre.
      — Solo una domanda. Come sta Fumigi?
      Immediatamente Prarchi dimenticò di non avere tempo.
      — Come sa ella ch'è ammalato?
      — Ho parlato questa mane con lui e mi parve che avesse un contegno strano di molto.
      Prarchi esitò per un istante, poi:
      — È vero — confermò — anch'io me ne sono accorto. Però nulla ancora posso dire. Finora lo si lasciò col solo suo medico di casa ed oggi soltanto vengo chiamato da Maller. Udii parlare di eccitazione nervosa ed è possibile. Un mese fa era eccitato e null'altro. S'era rimesso tutt'ad un tratto ai suoi studî e, quando lo consigliai di riposare, mi rispose con un'energia di cui non lo avrei creduto capace: Morire ma arrivare ad un risultato; son vecchio e ho fretta.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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