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      Non sapeva se per questi mutamenti potesse nutrire grandi lusinghe, ma grande lusinga non gli sembrava sperare di portar la loro relazione al punto a cui già si era trovata, ma questa volta col consenso esplicito di Annetta. Egli rimandava da un giorno all'altro quel passo che prima o poi doveva fare e che gli avrebbe fatto conoscere con piena sicurezza i risultati ottenuti, ma otto giorni più tardi neppure pensava a fare tale passo perché troppo bene si sentiva come era. Egli aveva sperato di udire delle parole di amore, ma ora sarebbe stato poco abile a chiederle. Sarebbe equivaluto a retrocedere.
      Erano stati per delle ore intere uno accanto all'altra non parlando mai di amore e sempre ambidue con la dolcezza nella voce e nel modo come se ne parlassero. Anch'ella interrompeva delle frasi incominciate perché poco le importava di compierle ed egli non aveva curiosità di udirle perché comprendeva ch'ella veramente nulla aveva da dirgli. Finalmente ella si trovava nella condizione d'animo in cui tante volte egli s'era trovato. Amava o almeno desiderava.
      Di spesso, molto di spesso dacché era intervenuta quale consigliera, Francesca assisteva alle loro sedute ed era causa non piccola che i due amanti rimanessero stazionarii.
      Nella felicità egli volle dimostrarsi riconoscente a colei cui egli credeva di andar debitore della sua felicità. Dimenticò il modo con cui il consiglio gli era stato dato e con quella franchezza che gli era propria quando credeva di fare un atto doveroso disse a Francesca stringendole la mano:


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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