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      — Grazie, grazie.
      — Di che? — chiese Francesca con isdegno. Poi quando spaventato egli si ritirava ritenendo che Francesca fosse sdegnata perché con quel ringraziamento si vedeva accusata di una complicità che non voleva ammettere, violentemente ella scoppiò nelle parole:
      — Se tubano come colombi, non ne ho mica io la colpa.
      Ancora sempre e di nuovo ella era malcontenta di lui e sembrava ch'egli non avesse perfettamente inteso il suo consiglio. Egli se ne adirò perché per il momento non si sentiva disposto a tendere dei tranelli ad Annetta. Andava dicendosi che Francesca s'ingannava credendo che per compiacerla egli avrebbe osato delle novità quando si sentiva tanto bene come era. In cosa di tanta importanza voleva avere il suo parere proprio.
      Il suo proprio parere? Più tardi non avrebbe osato di asserire che le cose fossero camminate a quel modo per suo volere.
      Il fatto si è che, calcolata per commovere Annetta, la sua freddezza aveva apportato altrettanto danno a lui. I suoi sensi erano stati agitati dalle promesse mai mantenute ripetute ad ogni loro convegno. Prima nel tentativo di rubare una carezza o un bacio, la sua mente era stata conservata in una continua attività verso una meta e, questa meta raggiunta, i suoi sensi si erano calmati nella soddisfazione che, per quanto relativa, era però quella ch'essi avevano cercata. Ora invece gli mancava ogni attività e ogni soddisfazione ed egli nell'inerzia analizzava i propri desiderî mai soddisfatti né calmati e li rendeva più acuti.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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