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      Si trattava invece di affari d'ufficio. Fu tanto imbarazzato che il signor Maller lo guardò con curiosità, certo pensando che la letteratura non era fatta per rendere i suoi cultori più disinvolti.
      Il motivo ai suoi sogni ulteriori era dato precisamente da questo spavento. Si vedeva chiamato dal signor Maller, più addolorato di dover maritare a lui la figliuola che del disonore di costei. Lo accoglieva con rimproveri e insulti che non cessavano neppure quando egli dichiarava che, i fatti pur comportandosi a quel modo, le conseguenze da trarne non erano quelle che il signor Maller riteneva perché egli, se così si voleva, si sarebbe ritirato e avrebbe rinunziato ad Annetta conservando il segreto come una tomba. Ah! egli poteva fare ben poco per diminuire l'ira di Maller al quale la sua colpa doveva sembrare enorme. E per quanto egli avesse voluto imporre le sue condizioni, — rifiutare consensi strappati per forza, — non ne aveva alcuna libertà. Doveva assoggettarsi al volere di coloro nelle cui mani era posto il suo destino.
      Durante la giornata sentiva ardente il bisogno di confidarsi con qualcuno. Gli costò molto di non parlarne affatto con Ballina, in stanza del quale passò metà della giornata, per non sentirsi tanto solo co' suoi pensieri. Provava il bisogno di sentire il parere di qualcuno non acciecato da utopie come, a quanto gli era stato detto di spesso, era lui. Il comune degli uomini pensava forse tutt'altrimenti e la parola di un amico avrebbe potuto alleggerirgli la coscienza se anche non portarlo a tripudiare di una cosa che non gli si confaceva.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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