Non rispondeva ai lunghi discorsi di Alfonso e forse non li seguiva. Lo guardò tutto ad un tratto alzando con movimento rapido la testa:
— O non ama Annetta o ha una paura ridicola del padre.
A lui parve dignitoso non rispondere.
Ritornando alla carrozza ella mormorò:
— Non si è visto giammai una cosa simile. — Prima di lasciarlo, si volse a lui e mettendogli la fredda piccola mano nella sua, pronta a stringere con l'amicizia ch'egli altrimenti non aveva saputo dimostrarle, gli disse: — Ad ogni modo sono obbligata di fare il possibile per risparmiarle la sventura ch'ella merita. Me ne dispiace.
Saltò in carrozza e aiutò il cocchiere esitante a chiudere lo sportello.
Era finalmente libero. Nessuno più avrebbe tentato di toglierlo dal suo proposito; sarebbe partito pur sapendo che con questo passo egli rinunziava ad Annetta. Francesca lo aveva convinto; la partenza equivaleva ad una rinunzia. Si sentì calmo e felice. Se quello che Francesca prevedeva si avverava, egli era liberato da ogni dovere e da ogni rimorso. Ella gli aveva detto che, abbandonato da Annetta, sarebbe ridivenuto il miserabile travetto di casa Maller. No! Egli sarebbe rimasto superiore anche alla posizione che Annetta aveva voluto fargli e la sua superiorità era stata dimostrata precisamente dalla sua rinunzia.
Alla banca egli si sentì meglio il giorno appresso. Lavorava volentieri perché sapendo che nulla d'inaspettato gli poteva capitare si sentiva calmo, libero dalle paure che il giorno innanzi lo avevano travagliato e, rammentandosi del bisogno che aveva provato di confidarsi con qualcuno per averne consiglio o appoggio, stupì. Ora stava bene chiuso in se stesso col suo segreto che gli appariva quale un episodio interessante della sua vita.
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