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      Al primo offerente si doveva dare a credere che si stava ad ascoltare la sua offerta per sola curiosità. Poi, secondo l'offerta, bisognava fingere di essersi lasciati sedurre da essa a trattare oppure far capire che su quell'offerta non si voleva neppure riflettere, ma che migliorata avrebbe trovato tutt'altra accoglienza. Il tutto con l'aspetto non di persona che chieda favori, ma che ne accordi.
      Ma Alfonso non ascoltava quel vano cicaleccio. Attraversando la via dei Forni guardò la casa Maller bruna come tutte le altre e triste nel colore indeciso dell'aurora, a cielo annuvolato. Nella via grigia, vuota, essa conservava l'aspetto signorile essendo di soli due piani, le finestre più larghe, con qualche tentativo di ornato, del resto priva di grazia. Egli fuggiva causa la tempesta che stava per scoppiarvi, e sentendosi più che mai lieto di poter allontanarsi volle scusare il proprio egoismo e lo fece con una ragione ch'era dettata dall'egoismo in persona: Non valeva la pena di soffrire per cosa che non desiderava.
      Non ragionò più e non sentì più il bisogno di scusarsi quando si trovò solo nella carrozza di terza classe e allorché non vide più la faccia triste del vecchio Lanucci. Era libero finalmente! Per soli quindici giorni, ma durante i quali non voleva neppure ricordarsi della città ove aveva tanto sofferto. Voleva dimenticare le proprie azioni poco oneste e le proprie e le altrui sventure. Fuggiva Annetta, quella ragazza che gli si era data per una curiosità da adolescente e che lo perseguitava col suo amore fittizio, ma respirava anche all'uscire da quell'ambiente o di cattivi o di disgraziati in cui era stato costretto a vivere.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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