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      Alchieri gli chiese se avesse salutato Sanneo. Se ne era infatti dimenticato. Andò alla stanza del capo correndo, paventando d'imbattersi improvvisamente in Maller o di nuovo in Cellani.
      Aveva temuto per un istante di trovare anche da Sanneo il trattamento subito da Cellani. Fu ben presto disingannato perché Sanneo lo accolse con la cortesia esagerata che usava trattando d'oggetti estranei all'ufficio. Gli fece le condoglianze su un tono amichevole, trovò che il suo aspetto era tutt'altro che florido e aggiunse ch'era da sperarsi che in ufficio, nella quiete del lavoro, ben presto si sarebbe rimesso. Lo pensava sinceramente; non aveva detto queste parole per rendere più attivo il suo impiegato. Poi appena passò a parlare del lavoro il suo tono divenne più freddo. Lo aveva atteso con impazienza. Voleva che Alfonso assumesse il lavoro che gli era stato destinato nei giorni prima della sua partenza, dunque anche la liquidazione e di più qualche poco di corrispondenza tedesca.
      Alfonso accettò. Sapeva ch'era troppo, ma non gli dispiaceva. Col suo lavoro si sarebbe reso indispensabile alla banca e gli balenò alla mente la speranza di farsi amare da Maller come impiegato poiché come uomo ne veniva odiato. Anche più tardi ci pensò. Che cosa c'entravano gli affari d'ufficio con quelli di famiglia? Per Alfonso i suoi con Annetta erano affari di famiglia.
      La notte prima era morto Jassy dopo una malattia di pochi giorni di cui aveva passato la metà in ufficio. Il poveretto aveva sempre creduto d'essere indispensabile ed era morto con questa convinzione perché la malattia non gli aveva lasciato il tempo di misurare quanto indifferente fosse la sua assenza alla banca Maller e C. Il toscano Marlucci diede ad Alfonso l'annunzio del decesso invitandolo, nello stesso tempo, a sottoscrivere per una corona mortuaria con la quale gl'impiegati in comune volevano onorare la memoria del vecchio collega.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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