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      — Poi rivoltosi a Alfonso: — Io sarei come al solito, ma al vedere costoro...
      Alfonso dal canto suo volle secondarlo nel tentativo di scuotere le due donne dalla loro tristezza inerte.
      — Infatti, — disse, — neppur io non capisco perché siate muti.
      La signora Lanucci che portava un pezzo di allesso alla bocca lo rimise nel piatto; le ripugnava il cibo. Lucia alzò gli occhi e girò intorno la faccia per farla vedere sorridente e smentire Gustavo, ma il sorriso non le riuscì; scoppiò in pianto, si nascose il volto nella pezzuola e, non bastandole, per sottrarsi agli sguardi di tutti uscì lentamente, singhiozzando con violenza. Inutilmente il vecchio Lanucci le gridò dietro di non muoversi dal tavolo mentre si cenava perché era un disordine ch'egli non voleva tollerare. Il disordine gli dispiaceva specialmente perché egli non poteva moversi; per un'esagerazione della cura prescrittagli dal medico, onde guarire più presto, quando era alzato, si faceva fasciare le gambe in coperte pesanti.
      — È sempre per quella storia di Gralli, — disse la Lanucci con la voce soffocata da lagrime rattenute. — Capirà che una ragazza non può mica sopportare a sangue freddo di esser lasciata a quel modo, senza ragione, perché è certo ch'ella, poveretta, non gliene diede alcuna. Gli voleva bene.
      — Avevo offerto di andare a rompere la testa a quell'omiciattolo ma essi me lo proibirono, — gridò Gustavo. Voleva dimostrare che non rimaneva passivo dinanzi alla disgrazia della sorella.
      — No! — disse la signora Lanucci, — atti estremi no!


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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