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      Il suo è quindi un tradimento.
      Anche Marlucci gridò per farsi udire, ma pacatamente, da persona cui è facile vedere le cose oggettivamente. Disse che non si poteva esigere da nessuno che rinunziasse ad una tale buona fortuna per amicizia e ch'egli dava torto a chi per primo aveva fatto di una rivalità d'affari un'inimicizia privata. Sarebbe stato dovere di Rultini di fare al più presto la pace con Ciappi.
      Rultini gridò ch'era disposto a tutto, magari a rinunziare volontariamente al posto ambito, ma non a fare questa pace. Asseriva che questo suo odio non era nato per il solo fatto della loro rivalità in affari, ma perché all'osteria, dinanzi ad altre persone, senz'alcun riguardo, gli aveva rimproverato un errore fatto nell'ultima liquidazione.
      — Egli è astuto! si dà l'aria d'indifferente, ma intanto lavora quieto all'ombra, rubandomi quel poco di considerazione di cui ancora posso godere.
      Aveva sul suo volto grasso, ancora senza rughe, una grande sorpresa dolorosa che sentendosi tanto infelice gli venisse anche dato torto, e ad Alfonso fece compassione.
      Uscito Rultini, Marlucci, con certo risolino cattivo, si rivolse a Miceni: — Gli ho detto la mia opinione.
      Avvenne l'imprevisto. Maller accordò il posto di dirigente della filiale di Venezia a Rultini. La filiale di Venezia non doveva occuparsi che passivamente di affari di Borsa, accettare cioè ordini e trasmetterli alla casa madre, e forse un motivo che aveva fatto prendere a Maller tale decisione fu precisamente il desiderio di liberarsi da un liquidatore incapace.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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