Il primo annuncio che si ebbe di tale scelta fu precisamente nel contegno dei due vecchi. Parve che avessero scambiate le teste come per incanto. Rultini, che da tanto tempo era triste e brusco, divenne allegro e amichevole. Sembrava che si trovasse in una festa continua; stringeva con calore le mani che gli venivano offerte per congratulazione e s'inquietava quando vedeva faccie tristi. Fermò un giorno Alfonso col quale fino allora non aveva scambiato che poche parole, e gli chiese la ragione della sua tristezza. Trasalendo Alfonso voleva pur dire qualche cosa in risposta, ma Rultini, nella sua gioia inquieta, non ebbe il tempo di attendere. Se ne andò gridandogli:
— Non inquietarsi mai; questa è la massima più importante per essere felici. — In fondo, della tristezza altrui poco gl'importava, ma lo sorprendeva: — Come? C'era ancora chi si lagnasse?
Eppure, anche all'infuori di quella di Alfonso, alla banca esistevano altre tristezze. Soltanto cinque giorni dopo Ciappi venne all'ufficio; per quei cinque giorni s'era dichiarato ammalato. Il primo giorno rimase soltanto per un'oretta in ufficio e ne venne scacciato dagli sguardi indiscreti dei colleghi, i quali sapevano che a lui stesso la disfatta doveva aver apportato sorpresa e volevano vedere come la sopportasse. Non senza dignità, e dopo alcuni giorni tutti dovettero riconoscerlo. Quando si mise a lavorare, apparve non troppo triste, lavoratore esatto come sempre. Per affari d'ufficio parlò anche con Rultini, mentre costui prima del suo successo aveva evitato di venir a contatto con lui anche per tali affari.
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