Pagina (166/387)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      L'erta, la cittadina, il fiume non erano di quell'ora. Egli ricordava solo con piena sicurezza il facchino del collegio, un ragazzotto un po' zoppo che pochi giorni appresso doveva abbandonare il luogo senza ch'egli più lo rivedesse. Fortunata l'ora che può essere individuata da un particolare qualunque anche se non poté avere importanza alcuna. Lo zoppo trasportando i tanti bagagli giù per l'erta faceva sentire il suo respiro affannoso. Forse fu visto e ricordato per tale sua sonorità.
      Al fiume s'imbarcarono tutti su un barcone lungo e alto spinto e guidato con un lungo punteruolo puntato sul fondo non grande e approdarono ad un'enorme penisola di sabbia che sporgeva sul fiume per forse mezzo chilometro. Sbarcarono su delle tavole poste sul greto dalle quali giunsero ad uno sbarcatoio in pietra costruito sulla sabbia e così arrivarono dinanzi al villaggio.
      Su questo posto, dieci o dodici anni prima, il vecchio s'era recato in compagnia della moglie e della figlia per rinnovare i ricordi. Vi aveva trovato delle alterazioni tanto grandi che adesso lo sforzo di ricordare era reso più difficile. Intanto tutto il villaggio gli apparve più piccolo, più misero, più sucido. Il collegio ne era sparito ed il letame l'aveva invaso. Ma poi il paesaggio stesso s'era mutato perché le colline alla destra del fiume avevano perduto la loro corona di alberi visibili dal basso eppoi il fiume stesso che correva fra grandi bacini ch'erano la sua unica riserva per mitigare l'effetto delle inondazioni e per rallentare l'abbassamento delle acque ora era stato approfondito e i bacini messi a secco coltivati.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I racconti
di Italo Svevo
pagine 387