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      Dimagrai e mi sento, a dire il vero, meglio ora che anni addietro. Se continuassi così chissà che salti farò a ottant'anni. Basta lasciare il tempo necessario alla dieta per agire perché è d'effetto lento.
      Ma perciò sono attaccatissimo a lui. Quando mi sento abbattuto invece che incoraggiarmi con parole, mi tocca il polso eppoi mi deride. La sua bella faccia bianca ha una derisione ch'è abbastanza affettuosa. Del resto non c'è da arrabbiarsi perché in quella faccia c'è stampata sempre una lieve derisione nel labbro superiore, rasato accuratamente, che un po' pende, un leggero rigonfiamento che si scorge subito in mezzo a quei tratti dal disegno preciso, nitido.
      Eppoi c'è anche qualche cosa d'altro che m'attacca a lui. È la prima persona con cui, dacché vivo, dunque nel corso di interi settant'anni, ho saputo essere sincero. Ed è un grande riposo la sincerità, un enorme riposo dopo tanta mia fatica. Dio sa quello che mi portò a tanto. Forse anche la necessità di non ingannare il mio medico. Fui sincero con Carlo benché non interamente. Non è indiscreto ma intelligente per cui gli fu possibile di un mio lieve cenno per intendere tutto. Non fu nominata né Carla, né le altre ed anzi le donne del sobborgo non le sospettò neppure. Si divertì enormemente ed io con lui. Lui menava vanto dei suoi trascorsi ed è una cosa tanto lieta quel vanto ch'io non seppi non goderne anch'io. Perciò fui un po' meno sincero perché finii con l'esagerare un poco. Non molto però e non spesso. Solo nel numero delle donne.


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I racconti
di Italo Svevo
pagine 387

   





Carlo Carla