Egli giudicava l'istituto monarchico inetto e storicamente sorpassato.
Ai preti serbò il suo odio più sincero: li accusò di tutti i mali da cui è afflitta l'Italia e per il papato ebbe gli sdegni e le collere di un Victor Hugo. Però rispettò e amò Cristo nella sua essenza umana più pura e diceva che il Golgota era l'esempio più sublime di altruismo in tutta la storia dell'umanità.
Coloro che non hanno ancora dimenticato la nobile e dolce figura di Giulio Tanini, il vegliardo della Federazione marinara, proveranno, ancor oggi, ad un anno di distanza dal suo distacco dagli uomini, la tristezza infinita della dipartita senza ritorno di Colui che tanto amò l'umanità e tanto soffrì per essa.
Ma se gli uomini passano, le idee restano: non morranno, no, le sublimi concezioni altruistiche di Colui che tutto offerse ai proletari, ai sofferenti, ai marinai, agli uomini in catene di questo basso mondo.
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Dopo una vita avventurosa e piena di peripezie, dopo un lungo viaggio nel tempestoso mare dell'esistenza, attraverso dolori senza fine, fiammate di lotte intime e ribellioni furibonde contro uomini e cose, la sera del 30 Giugno 1921 il vecchio lottatore esalava il supremo anelito rifugiandosi sotto le ali pietose e protettrici della morte. Pietose e protettrici, scriviamo, e non a caso!
La vita che Egli aveva amata per le sue bellezze, per le sue lotte, per i suoi superamenti, la vita corrusca e gioiosa che Egli aveva cantata in versi di un'infinita esaltazione, quella vita che egli aveva sceverato nelle sue più complesse ed energiche manifestazioni, si ritraeva da Lui con una suprema vendetta.
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