A contrastare la retta ascensione umana verso l'unico fine, citava sovente i vizi de' quali l'uomo s'è fatto inconsciamente depositario a proprio ed altrui detrimento: quei vizi degenerano nella completa rovina, nello sconvolgimento dell'opera della creazione.
Il suo Credo.
Gli narravo qualche volta, nei momenti di sconforto, le tristissime vicissitudini della mia giovinezza, trascorsa fra i comodi e l'agiatezza a casa od in collegio, data poi in pasto ai faticosi lavori del mare. Egli, nella sua paterna affabilità, mi traeva ad osservare il cielo stellato, l'immensità dell'orizzonte, suadendo l'anima stanca e desolata a trovar sollievo e più grande soddisfazione in quella parte di infinito estendentesi dinanzi al mio sguardo, e al dovere di sacrificio per la redenzione delle plebi.
«Nessuna cosa è più grande! esclamava. Lungo quella strada siamo chiamati a perfezionarci. Domani all'alba tutti que' astri scompariranno; l'orizzonte si annebbierà, si confonderà, si cancellerà ai nostri occhi.... In quel passaggio misterioso la nostra vita si trasfonde e senza avvedercene segue il moto avvolgente; illanguidisce, sparisce, non è più.... E di là non v'è niente, amico caro; abbilo per massima. Sorgeranno, la notte appresso, nel cielo dell'umanità, le tue opere buone: altrettante stelle che rischiareranno il cammino ai molti superstiti traviati.... Possa la loro voce alzarsi a benedire quelle stelle, ed i loro occhi possano trasfondersi in quell'orizzonte così come io penso, così come io desidero.
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Credo
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