Amò ed educò i figli «Con severo amore paterno».
Se Egli avesse pensato di più a se stesso, se non avesse aperto continuamente il borsellino a quanti lo richiedevano d'aiuto o a quanti Egli giudicava bisognosi, avrebbe potuto vivere agiatamente. Ma egli pensava alle migliaia di reietti che dormono all'aperto, ai miseri che la Società condanna alla più dura miseria, e gli sembrava offesa all'onestà un qualsiasi altro miglior modo di vivere.
Cenni biografici.
I seguenti cenni biografici sono ricavati in parte da un suo scritto:
Nacque a Lucca il 29 Luglio 1850, da Pericle, colonnello dell'esercito piemontese. Nel 1859 segue con la madre le vicende del genitore ed assiste, da sotto la tenda da campo, col capo nascosto sotto il grembiule della madre, alle cannonate della battaglia di S. Martino. Nel 1860 gli muore la madre a Parma in seguito agli strapazzi di reggimento. Lascia due figlioletti che il padre non si decide a staccare dal suo fianco, e che porta seco in Sicilia. Giulio ed il fratello seguono il genitore da Catania fino a Palermo. Marcia col reggimento a piedi, sopporta privazioni e disagi, temprandosi per le future e più ardue lotte.
Nel 1862 ritorna col padre in Lombardia e vi rimane fino al 1886, epoca in cui parte da solo alla volta di Lucca dove lo accoglie la nonna. Quivi è posto a studiare latino e greco, ma dopo due anni, mancandogli da vicino la tutela paterna, viene passato alla seconda tecnica. Supera sempre brillantemente gli esami ed è ammirato dai professori i quali scorgono in lui un intelletto superiore.
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