Quanti anni conta il poeta che il 5 Maggio - inaugurandosi il monumento sullo scoglio di Quarto - diffuse nel pubblico «la visione di Calatafimi» dedicata alle Ombre dei Mille?
«Senza ambagi lo confessa egli stesso che troppo modesto chiama il suo: un tentativo che la critica deve rispettare perchè se è giusto che essa fustighi i giovani ricercando i difetti, gli errori, le manchevolezze, dei loro scritti onde acquistino in più forte età le grazie e la robustezza necessarie a ornare i frutti del loro ingegno, non è opportuno, nè giusto che punga feroce un vecchio sessantenne il quale giammai scrisse versi e che questi ottomila gettò sulla carta in un momento di delirio senile in poco più di quarantacinque giorni».
Un neofita dunque. Ma se come tale l'improvvisato poeta non chiede ai critici che oblio e agli amici un benigno compatimento, egli fa mostra di una modestia eccessiva pari forse al merito reale di quella - chiamata da lui sempre discreto anzi severo contro se stesso - «povera» Visione.
Eppure quale entusiasmo, quanta fede, qual vigore nelle strofe del poeta, vibranti di slancio, di passione, di adorazione per la gigantesca figura storica di Garibaldi e dei suoi bravi, e saettanti di sdegno e di odio contro gli oppressori dei popoli e i tiranni coronati: Garibaldi è il suo idolo ed egli ne celebra l'apoteosi.
Cento sono i canti, scolpiti con mano maestra; versi rudi e greggi per lo più - sdolcinature e fronzoli ohibò! quando squilla la diana di guerra - ma che fieri e impulsivi come scattarono da un animo insofferente e ribelle acquistano sorprendente rilievo che se forbiti li avesse un cesellator di cartello.
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