«Il 1906 fu per questi signori l'anno della riscossa.
«Sul campo deserto, insanguinato, per la patita sconfitta della organizzazione marinara, impiantarono la bandiera della autonomia, cara ai loro cuori di mercanti e fornitori di voti e seggi parlamentari.
«Padroni dell'esito di elezioni amministrative e politiche in paesi, ove l'espressione del voto è schiava del denaro e del coltello, i signori autonomisti, i grandi impiegati delle Casse Invalidi di Napoli e Palermo, chiamati a raccolta i loro eletti-consiglieri comunali e provinciali, Deputati e Ministri – posero il dilemma: o si combatte la fusione della Cassa Invalidi, o si perde la carica.
«E l'ambizione, che è cieca perchè non fa scorgere le vittime travolte dal suo incedere fatale, schierò contro le sante ispirazioni della marineria italiana perfino degli autorevoli illustri parlamentari. Secondo costoro, bisogna cancellare, seppellire l'opera della Commissione Reale: occorreva stare all'erta per soffocare sin dalle prime mosse qualunque tentativo di riorganizzazione del proletariato marittimo.
«E per circa tre anni i nostri oppositori riuscirono nel loro intento.
«Durante gli anni 1907 e 1908 e parte del 1909 riportarono vittoria su tutta la linea. La loro propaganda, libera da ogni resistenza, sorprese la buona fede anche del più prezioso e fedele amico del lavoratore meridionale, intendo dire dell'on. De Felice Giuffrida. I loro argomenti, infarciti di volgari e studiate inesattezze, erano a tutta prima impressionanti per chi non era al corrente della dibattuta questione.
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