I sicari, i provocatori tremarono. Giulietti, sapendo di avere a che fare con un avversario perfido e senza scrupoli, lo circondò, schierando trecento uomini lungo ogni parete laterale e cinquecento per ognuna delle due frontali. Vista questa parata, i capi avversari cominciarono a filarsela via. Il povero conferenziere – preavvisato – girò sui tacchi prima di entrare nell'aula e dalla paura prese la strada della Scoffera. Qualche avversario nella disperazione del fallimento dell'impresa gridò: «Abbasso Giulietti». Fu un grido provocatorio, la scintilla che accese la zuffa. Entrarono così in campo simultaneamente le forze schierate marinare. I provocatori corsero all'uscita. Dalla paura vi corsero di volo facendo gruppo per forzarla. Passarono così a rilento tra il visibile compiacimento dei marinai.
I primi a scappare furono i capi, che si precipitarono alla vicina Questura per chiedere aiuto. Eroici quei socialisti! Ma non lo erano socialisti! Costoro dimostrarono di essere dei buffoni, dei volta gabbana, dei vigliacchi, degli asserviti ad innominabili interessi.
E la Questura intervenne con squadre di numerosi poliziotti. Allora divampò la lotta tra loro e i marinai. NON SI SALVÒ UNA SEDIA. TUTTO VENNE FRANTUMATO.
GIULIETTI, MENTRE GLI AVVERSARI SCAPPAVANO, ERA SALITO ALLA PRESIDENZA E AVEVA APERTO IL COMIZIO A NOME DELLA FEDERAZIONE MARINARA rimasta padrona del campo. Mentre parlava entrarono i poliziotti. Si gettò nel mezzo della mischia per evitare complicazioni.
Poichè i poliziotti tirarono a mettergli le mani addosso ad istigazione di un traditore, che si era messo in un angolo morto e ne era uscito alla vista delle guardie, i marittimi, visto che queste guardie impedivano a Giulietti di liberarsi, lo sfilarono via al di sopra del loro cordone, opportunamente indebolito.
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