Gli alleati, non contenti di offenderci nelle nostre sante aspirazioni patrie, vollero farci fare anche la parte di tradire il popolo russo risorto a libertà.
Avendo saputo che dal porto de «La Spezia» stava per partire la nave italiana «Persia» carica di tredicimila, tonnellate di armi contro la giovane rivoluzione russa, Giulietti decise di fare catturare questa nave in alto mare e condurla a Fiume per consegnare quelle armi a D'Annunzio. Incaricò quattro dei suoi fidi più animosi e adatti per l'operazione, nel senso che, per liberare il Comandante della nave da gravissime responsabilità, ognuno di essi doveva essere capace di compiere determinate operazioni nautiche. Dei quattro arditi, uno era il Capitano di lungo corso Sulfaro, un altro l'ufficiale marconista Tatozzi, un altro il timoniere Guido Remedi, ed il quarto U. Poggi(5).
Cori queste qualifiche essi – occorrendo – potevano dimostrare di avere con le proprie capacità nautiche compiuto il dirottamento della nave. L'audace impresa riuscì, dato che tutto il personale di bordo – garibaldino e federato al cento per cento – eseguì alla lettera le disposizioni federali, trasmesse dai bravi quattro pirati summenzionati, che si comportarono magnificamente. Giulietti consegnò loro la bandiera federale da issare sull'albero di maestra all'entrata della nave nel porto di Fiume con l'intesa che nel caso che il dirottamento non riuscisse, non bisognava far cadere per nessun costo la bandiera federale in mani avversarie. Ma l'operazione riuscì in pieno, e il «Persia» entrò con la bandiera federale e con quella nazionale a Fiume.
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