Allora incominciarono i tentativi per non fare sbarcare le armi. Giulietti, che si era immediatamente recato a Fiume ed aveva assunto pubblicamente sui giornali tutta la responsabilità del piratamento della nave, conferì con D'Annunzio, e tutte le tredicimila tonnellate di armi, nuove e pronte all'uso, furono sbarcate e la nave, per giunta, trattenuta in ostaggio, visto che il Governo Italiano tentennava a tirar fuori i milioni necessari per finanziare la Cassa Unica della Previdenza Marinara.
Come i lettori ricorderanno, l'onorevole Giolitti, nell'occasione dello sciopero generale marinaro del 1912, aveva preso l'impegno – davanti alla Camera – di unire le diverse Casse Invalidi Marittime in una sola Cassa ed in maniera corrispondente alle giuste richieste dei marittimi. La riunione di queste Casse in una sola Cassa era avvenuta, ma non in maniera soddisfacente, perchè le Casse singole erano misere, e la loro unione rappresentò una miseria più grande. Occorreva il necessario finanziamento da parte dello Stato. L'On. Nitti lo aveva promesso, anche come atto di riguardo verso i marittimi per il loro volontario interventismo.
Però, la nostra partecipazione alla impresa dannunziana non piacque al Capo del Governo, che, per ritorsione, deliberò di non procedere più alla riforma delle pensioni marinare. Giulietti allora disse a D'Annunzio di non mollare il «Persia», e D'Annunzio tenne duro; ed il «Persia» riprese il mare solo dopo che l'On. Nitti ci garantì il rispetto dell'impegno.
Fu così che potè andare in vigore la cosidetta legge del 1919 sulle pensioni marinare.
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