Gli armatori di queste navi fanno affari d'oro. I governi fingono di non vedere questo pirataggio compiuto alla luce del sole e sotto gli occhi delle autorità internazionali, perchè tutti i governi sono contrari alla giovane Repubblica dei Comunardi Russi.
Nessuno sente il bisogno, in nome dell'ordine e dei tanti vessilli patriottardi garantenti la proprietà privata, di arrestare quelle navi in nome della legge e del diritto internazionale marittimo. Quelle navi battono la bandiera di un Governo che più non esiste, eppure trovano appoggio, sostegno, solidarietà in tutti i porti. Solenne omertà di governi traballanti sotto la raffica del ciclone sociale che imperversa. Ma qualcheduno è venuto fuori lo stesso. Alla pubblica sicurezza, alle guardie regie, alle guardie doganali, alle guardie di capitaneria, alle regie flottiglie di governi dormienti di fronte al bandierone del caduto Czar scesero in difesa degli equipaggi russi abbandonati le forze sindacali della Federazione Italiana Marinara. Nella notte fra il 26 e il 27 aprile 1920, tra l'imperversare di una violenta bufera, gruppi di nostri compagni salirono a bordo di quelle navi prendendone possesso a nome della solidarietà marittima internazionale. Sbucarono dalle tenebre militi e guardie regie; poichè i nostri resistettero, incidenti e scontri. Conseguenze: Partito Socialista e Confederazione del Lavoro finalmente aprono gli occhi. Danno completa solidarietà al nostro movimento, si uniscono alle nostre forze. Riconoscono la nostra azione dal fermo delle navi italiane cariche di munizioni e partenti a favore della reazione plutocratica al fermo delle navi russe nel porto di Genova, pronte a costeggiare i mari con bandiera dello Czar e con equipaggi privi di qualsiasi garanzia sindacale.
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