Quanto succedeva non era che il primo, primissimo passo di un incipiente sconvolgimento che andava preparandosi da molti anni e che la guerra, liberando l'Europa dai Sovrani, doveva, per forza, lanciare tutte le genti, di tutte le Nazioni, in un turbine di cui pochi potevano vederne le prime avvisaglie.
Era il 1° maggio, giorno consacrato al giubilo dell'Uomo Lavoratore, di quell'infimo strato disprezzato e affamato per lunghi secoli; il Sole di questa Aurora splendeva su tutti i fratelli del mondo con ritmo uguale, ritmo di fede, di amore, di pietà. Gettando un'occhiata all'età trascorsa, si doveva accorgersi che le lotte dell'uomo avrebbero finito per fare riconoscere la santità dei suoi diritti, ma che, purtroppo, si sarebbero dovute svolgere fra dure prove costituendo una lunga schiera di martiri, le cui ombre verrebbero ad aggirarsi sugli abissi dell'imperscrutabile. I popoli, deposte le armi, venivano a reclamare a gran voce che cessassero per sempre le ingiustizie dei ricchi, la caduta di tutte le altre sopravviventi corone, instaurando il Governo Repubblicano: (Res pubblicae socialis) dell'amore, della concordia, della giustizia.
La trasformazione non poteva essere lontana, mancavano gli uomini, è vero; ma uno c'era – pieno di energia e di fede – e costui avrebbe incominciata la serie delle grandi gesta rivoluzionarie: ogni tirannia si sarebbe infranta sotto il suo assalto d'indipendenza generale, ma anche sotto l'intuito, forse neppur compreso, che veniva... dalle profonde scaturigini dell'Universo, come il lievito di rigenerazione mondiale: la terra aveva sofferto troppo.
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