La disoccupazione, la fame, tutte le più crudeli tristezze andavano abbattendosi ad una ad una sulle famiglie del proletariato. Il caro vita aveva raggiunto altezze incredibili. Infatti, da calcoli matematicamente precisi, risultava che non occorreva meno di quaranta lire diarie per far vivere una famiglia di quattro persone!
Si sentiva come aleggiare una nube di disagio e di sconforto per tutti. Inoltre la frizione sociale si andava acuendo giorno per giorno appunto per causa della tristissima situazione economica in cui si dibatteva il Paese.
Pensate quanto danaro occorreva per far vivere, sia pure modestissimamente famiglie, composte come in generale sono, quelle dei proletari, esuberanti di creaturine e vecchierelli!
Il Capitano Giulietti invocò dunque, due mesi dopo la festa più sopra descritta, un miglioramento di cento lire mensili per ogni marinaio navigante, e a tal uopo – visto che la Commissione navale marinara tergiversava mesi e mesi su qualunque questione che le si presentasse – fece sì che venisse accettata dalla Federazione Armatoriale una Commissione Arbitrale, la quale per propria autonomia, e quindi non impacciata dagli ostacoli burocratici, avrebbe avuto più scioltezza e vivacità nelle decisioni.
Formata la Commissione Arbitrale, composta dall'Onorevole G. Canepa, dal Prefetto, dal Presidente del Consorzio Autonomo del Porto, la cricca armatoriale si vide sconcertata, disfatta. Essa aveva proposto tutti personaggi a modo suo, e ciò sarebbe stato (ne siamo persuasi) esiziale per gli interessi della gente di mare; ma il Presidente Gen.
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