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      «Mando, poi, un saluto affettuoso al signor Comandante Ettore Ribaudo, per l'amore devoto, la fervida cooperazione presa con signorile e giovanile alacrità a preparare questa funzione solenne, a condurla ad esito così splendido. E ringrazio, con sentito fervore l'Ingegnere macchinista sig. Conte, per la sua iniziativa e l'incontro fraterno e sollecito del Capitano Gauthier nel medesimo sentiero; ringrazio sentitamente i gentilissimi della commissione di controllo Sig. Comandante Dodero, ingegneri macchinisti dall'Orto e Barabino, per la squisita finezza con la quale fino dall'inizio dei lavori, incoraggiarono e alacremente spinsero tutti alla buona riuscita della gentile e nobile funzione odierna.
      «Taccio del saluto doveroso agli esecutori artistici dei doni, signor Jhonson di Milano per la finezza di esecuzione della medaglia d'oro; del chiaro prof. Griffo, per la splendida e perfettissima pergamena, vero gioiello dell'arte, che rappresenta, in simbolo, la seconda rivendicazione ideale socialista negli evi (quella dell'umile e nudo pescatore di Galilea essendo la prima e la iniziatrice di tutte le rivendicazioni umane); vi è tratteggiato, da mano maestra, il leggendario episodio di Tiberio Gracco spartente le terre ai lavoratori; del sig. Rito Carbone, esecutore della seconda pergamena, che ritrae con tanta verità di giustizia il trionfo del marinaio nel suo riscatto, nella sua redenzione: lotta, trionfo, riposo e pace. Il pittore ha ritratto così al vero il vecchierello che dopo una vita di dolori e di stenti, riposa finalmente in pace, e il fanciullino che lietamente porge al nonno il mazzolino di fiori, che non si può sentirsi il cuore profondamente commosso, inumiditi gli occhi di pianto, perchè il pensiero corre involontariamente a questo gentile apportatore, all'uno e all'altro, d'un'ora di pace e di felicità, dopo un'infinità sequela di dolori e di strazi dei quali è piena la storia della gente di mare.


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Storia della Federazione Italiana dei Lavoratori del Mare
di Giulio Tanini
Tipogr. Angassini Genova
1952 pagine 173

   





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