«Loro condottiero, rivendicatore dei loro diritti sempre conculcati, derisi, straziati, li vedi in questo momento dinanzi a te col volto radioso e sorridente, pieno il cuore dell'ardente bramosia di gridarti il loro «grazie», di dimostrarti l'anima grata e lietamente rimpaciata con la vita, e tutto fu vinto per la sola tua magnanima e generosa opera decenne, condotta con sforzi inauditi, con sacrifici che sanno d'incredibile, se si riflette che la lotta sostenuta contro poderosissimi enti interessati, durò appena dieci anni, un attimo, è vero, della vita umana, ma pensate! Sostenuta da un uomo solo, al lavoro il giorno e la notte, dimentico di ogni altra cosa che non fosse la famiglia marinara! Quanto lavoro, quanti sforzi, quante lotte; perfino l'amarezza del carcere, il gelido orrendo orrore della manetta, spina pungente a chi alto sente il senso della giustizia divina conculcata, ma serenamente sofferta nel pensiero ideale della risorta gente sua, che dal mare trae l'amarezza della vita, dall'ingiustizia la saliva amara e salace del pane sanguinante, gettato da mani scintillanti di gemme e di diamanti.
«Ma tu, o buon Giulietti, sorpassasti tutto, le immense battaglie per aprire il varco alla redenzione della moltitudine marinara, gli scherni e le rappresaglie, i sorrisi e le calunnie, tutto. A noi sembra dover ravvicinare le terribili lotte dei conquistatori delle leggendarie foreste brasiliche e californiane, ove da millenni crescevano ogni sorta di alberi e animali velenosi, ogni specie di serpi e vampiri, ma il piantatore e il bandierante avanzano intrepidi a distruggere, per forza d'ascia e fuoco, gli ostacoli al cammino della civiltà, ma lasciando brani di cuore e di membra fra le spine orribili della foresta vergine impenetrabile che non ma prima aveva veduto faccia d'uomo bianco.
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Giulietti
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