«Su tutte le distese dei mari d'Italia e del mondo, in questo momento vi sono migliaia di tuoi fratelli che ti mandano dal profondo del cuore, una benedizione, in cui si fondono tutti i palpiti di dolore dei vecchi e dei giovani, a cui facesti dono di un pane meno doloroso, d'una esistenza meno martoriata, ai quali infrangesti le catene d'ogni tirannia; vi suonano i palpiti di vecchi cadenti, disfatti dai travagli del mare, che da te, solamente da te, ebbero un tetto e un letticciolo negli ultimi istanti della vita; vedove e orfanelli che sapesti accogliere sotto le poderose ali tue, e per i quali tanto facesti tesoro di bontà, di compassione e che ti mandano ora, per bocca dei loro rappresentanti, misti ai baci di gratitudine, i voti ardentissimi per una lunga vita felice, ogni dì più arricchita di trionfi, fulgente nei ricordi dei dolori che sapesti molcere, delle pene che giungesti ad alleviare, sempre animoso ed entusiasta d'ogni più dolce divenire della classe marinara, sempre con gli occhi rivolti alla ascensione più perfetta di questa società umana avida di virtù.
«Talvolta – buon capitano Giulietti – riandrai al ricordo delle tue lotti immense, e ripenserai a questi tempi di tempeste, socchiudi, allora, questo cofano; dai un'occhiata alle tante pagine dell'album che racchiude la memoria sempre viva di centomila anime; ogni firma, rappresenta un palpito, un sorriso, una lacrima; sono nomi vergati con lettere tremolanti da mani rude e inesperte; firme inintellegibili, tirate giù alla brava con furia marinara; ci troverai numerosi scarabocchi, perchè, lì, accanto al compagno che a malapena sapeva tenere la penna in mano, un altro lo spingeva dicendogli che anche lui voleva firmare, per farti sapere chi era colui che aveva pensato a te e che quello era il suo nome (incomprensibile pure), ma tant'è, quell'anima grata, semplice, ingenua e affezionata lo aveva vergato con una lacrima nell'occhio, con un palpito di cuore più lungo e più fervido.
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Italia Giulietti
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