- d'imbattere in un altro galantuomo che si sia presa a cuore la pubblicazione del volume, sciogliendo un voto alla virtù d'un conterraneo, alla memoria d'uno scrittore, al rispetto che si deve sempre a un uomo di buona fede, al quale s'è data la parola e se n'è accettato l'impegno.»
Ma tant'è; la verità è questa e la giustizia è giustizia, anzi luce, tardiva se vogliamo, ma sempre luce, e la luce è vita e verità; e chi mantiene una promessa, compie al proprio dovere, che è, e dev'essere, sacrosanto. Ecco perchè - mio caro lettore, - queste povere pagine (dico povere perchè scritte da un pover uomo e in povera lingua), vengono alla luce del mondo proprio nella terra di GIULIO PANE, il quale, oltre a essere un pover uomo, fu anche poveramente un uomo povero: titolo più che sufficiente ad attirarsi la tua simpatia e la discrezione del resto del pubblico.
Prima, di tutto, però, voglio raccontarti, per filo e per segno, com'andò che mi capitarono nelle mani queste Memorie, e giustificar così, agli occhi tuoi la mia inframettenza.
Or'è l'anno, io mi trovava, per diletto e per istudio, nella lontana Bolivia, dopo aver percorso tutti gli Stati Uniti del Nord'America, il Messico, il Guatemala, e parte degli Stati del Centro; un giorno, mentre me ne stavo scrivendo nella mia cameretta d'albergo nella città di Sucre, il mio albergatore - un lucchese puro sangue - (ricordati, lettore, che la provincia di Lucca ha, si può dire, portato la vita e il progresso in tutte le terre del Nord e del Sud America - dall'estuario del Plata all'Amazonas e dal Mississipi al lago Erie), - bussò all'uscio, e entrato mi disse queste precise parole: - «Signor Tanini, c'è qui un rapaz, che chiede di lei» - Di me? risposi stupefatto - e chi diavolo mi cerca, qui, ove sono quasi sconosciuto meno che al Consolato?
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