Fu la mia una vita agitatissima, avventurosa e infelice: quanto vidi o feci, bramerei che i giovani lo sapessero, perchè le mie vicende, le disgrazie mie, in parte dipesero da me, in parte dalla ventura; la fortuna fummi avversaria in tutto e, come dice Seneca, siccome la fortuna guida quasi tutte le vicende umane, ho creduto un dovere lasciare una specie di testamento e confessioni candide e sincere, che ho scritto in Italia in parte e ho terminate qui in queste solitudini, quando, spoglio oramai di tutti i fastidi materiali, la mia mente s'estasiava fra le bellezze selvagge di questa terra dove piante, sole, animali vivono una vita di furibonda energia, e dove il pensiero, ispirato dalle maravigliose gemme che si stemperano nell'azzurro eterno e senza macchia, par che riviva della luce della costituzione della Croce del Sud, un poema di canto e di filosofia.
- Lì - e m'accennò una cassa piccola tinta di verde - vi sono dei fogli che formano il sèguito e l'ultima parte d'un mio libro che ella potrà riavere, insieme ai primi fascicoli dell'opera che la prego ricercare da un certo Edoardo Isnenghi stampatore di Bergamo al quale l'affidai prima del mio infausto viaggio per il Nord America, nell'anno 1911, vale a dire dieci anni or sono.
Li legga, me li conservi, veda se valgono qualche cosa e li pubblichi in Toscana, affinchè, dalla loro lettura, i giovanetti sentano a cosa s'espone un uomo, quando, privo di guida e di riflessione, senza parenti e amici, e per solo intuito del temperamento avventuroso, s'imbarca nel gran viaggio della vita, senza bussola, senza pilota e senza saper dove va, spiegando tutte le vele con improvvida larghezza.
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