La Chiesa della Rosa (Lucca).
Addio, ora, casuccia mia, casuccia della mia mamma, dove tanti giojosi gridi abbiamo dato mia sorella e io; addio culla dei miei dolori infantili, delle mie prime sensazioni, dei miei primi sogni e delle mie paure, quando, nel crepuscolo, a un tratto, le campanine della chiesetta, lė a destra, nell'angolo, rompevano e suonavano argentine e festose, e povere vecchierelle, liete giovinette, uomini pensosi, entravano lentamente sotto le piccole volte a pregar Vespero e poi, sotto la luce di cento candele, intonar grave e alto l'inno della fede: e ricordo, (mi trema il cuore e la penna a scriverlo) ricordo l'angelica stretta della mano di mia madre, e il canto suo pių bello, fra rauche voci di donne, che tutte, forse, pregavano come la madre mia, per la salvezza dei babbi lontani combattenti per l'Italia sui campi di Lombardia nei soavissimi versi:
Ave, Maris stellaDei Mater alma,
Virgo singularisInter omnes mitis
e il trepido affanno di tutte,...
Sė, io sono vecchissimo e prossimo a dire addio a queste finzioni d'amari sogni dell'esistenza; ecco io sono ateo e so che dio non esiste, che le religioni tutte non sono che la illusione psicologica di un sentimento che si forma e matura nei recessi del cervello; io sono ateo da anni anni anni e la mia convinzione che tutto quanto la fede ispira nei cuori umani non č che un'illusione, mi tranquillizza e placa e mi fa sopportate con filosofia veramente cristallina, la certezza che nulla pių esiste al di fuori di questo breve istante che noi viviamo.
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