Ella conobbe, co' due mariti, le più feroci miserie: quella de' propri genitori, quella dell'artista, poi le ultime del povero volontario, soldato del Risorgimento italiano. Tanto il primo, come il secondo marito se riuscivano a vivere con gli scarsi salari che poteva offrire in que' tempi la Capitale della Baciocchi, c'è da figurarsi a quali sofferenze fisiche e morali dovesse esser condannata nel fior di sua giovinezza una donnina tutta cuore, gentilezza e bontà, come mia madre e bella come il sole.
Dal Colucci ebbe un figlio, Augusto; che vive tutt'ora, e del quale dovrò parlarne a lungo a suo tempo. Morto il marito, la mia povera mamma si messe in casa de' vecchi a lavorar per tutti, rassegnata e zitta, come sempre d'indole fu, con la madre, la nonna Serafina (una vecchina striminzita e malinconica) e i fratelli, Beppino, Gigi e Tabosso. Questo, poveretto, era impedito nel camminare e stava sempre a sedere e faceva il sarto, per Lucca, lavorando di molto bene.
A me mi dava soggezione lo zio Raffaello Stampatore; un bell'omo con una gran barbona nera, folta e lunga che gl'incorniciava il viso di pretto lucchese: era un tipo ascetico e fine; anche Raffaello perse le gambe dopo un gran marcia forzata, nel '66 durante la guerra del trentino, caporale di Garibaldi. Rividi trentacinque anni dopo il bravo garibaldino a Pontremoli, ove volli andare apposta con mio figlio Alighiero a rintracciarlo e ricercare il ritratto della mamma che non esisteva più. Anche lui non si moveva dalla seggiola e tirava avanti la stamperia propria, insieme ai figli (ora tutti morti).
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