V'è un destino inesorabile e fatale che grava su gli uomini e che la mia povera mamma ebbe forse più acerbo e crudele: dico quello della persistente povertà e de' cattivi trattamenti. Aveva sposato il Colucci, fanciuletta inesperta, mal sostenuta dai genitori, poverissimi, i quali vedevano nel di lei uscir di casa un piatto di faglioli e un tozzo di pan secco di più a spartire; se n'era andata, dunque di casa staccandosi, per dir così, dal grembiule di nonna Serafina, forse con più lacrime della buona donna, che soldi, perchè la povertà dei Rossetti era quanto più si può dire vergognosa; e col tempo, spassionandosi la mamma con qualche amica, moglie d'ufficiale, camerata di babbo, seppi che il matrimonio fu tutt'altro che felice anche con l'artista, essendo il Colucci, come già dissi, tisico spolpo e geloso: due disgrazie maledette che non possono fare a meno di distruggere un corpo quando agiscono separate, figurarsi poi se si trovano a devastare un'infelice tutt'e due assieme, su persona timida, sottomessa e delicata.
Ricordanze.
Io e la mia sorellina Ada che aveva cinque anni più di me, eravamo l'unica compagnia della mamma, perchè mio padre era in Lombardia col reggimento, la nonna Serafina si faceva veder poco da noi, e quelli della famiglia del babbo, al solito, per i fumi della grandezza non degnavano la povera mamma mia, che ci pativa e si sbracciava ad essere umile con le zie, ogni volta che, escita di casa per qualche spesetta, le trovava per la strada vicino a casa loro e nostra, chè ci correva quanto il tratto di una palla di schioppo.
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