I Francesi partirono, e noi li accompagnammo fuori per un lungo cammino, sempre con la musica delle fanfare militari: mio padre che doveva andare co' reggimenti condotti dal generale Cialdini, tornò a vederci prima di raggiungere il corpo d'armata, e si separò da noi con gran furia perchè non voleva - diceva lui - rimanere a casa nemmeno un'ora di più.
La sera avanti che partisse, mi ricordo che ci radunammo in varie persone conoscenti sur una piazzetta fuori di porta San Pietro, che si chiamava la Polveriera, e mio padre si divertiva a tirar de' colpi di fucile a' balestrucci con mio indescrivibile terrore, e mi gridava che: «dovevo essere coraggioso e diventare un buon soldato per combattere i Tedeschi.»
Io m'attaccavo al grembiale della mamma e piangevo, e lei mi consolava e diceva che il babbo lo faceva per chiasso e lo pregava di farla finita ma lui era un uomo di pochi spiccioli e di sentimenti poco conciliativi, come si vedrà, e seguitava a impaurirmi, e a ridere.
Rivedo ancora il lungo treno che si tirò dentro tutti i nostri volontari, e i giovani e vecchi militi e veterani che s'abbracciavano e si baciavano, e riodo ancora i canti famosi di quel tempo, - «Addio, mia bella addio - l'armata se ne va - Se non partissi anch'io sarebbe una viltà» e i pianti della mamma e di noi ragazzi che volevano andare alla guerra col babbo ! E infatti poco dopo ci s'andò anche noi davvero, come sentirà chi mi vorrà leggere.
Dei miei ricordi della prima infanzia, non voglio lasciare senza degna memoria quello del nostro bel cane.
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