Si chiamava Cecco; l'aveva regalato a mio padre Ottavio Cioni il suo pių grande amico, (poi sentirete se gli era amico davvero) camerata e compagno d'armi della battaglia di Curtatone, nel battaglione di toscani.
Cecco era l'amico mio di tutto il giorno. Ma come era brutto! Mi pareva grosso e alto come un ciuco e mi ci aggrappavo un po' con le buone e un po' con le cattive (perchč a volte anche lui, bisogna compatirlo aveva le sue fisime e mi rugava) per andarci a cavalluccio, e lui buono buono, quand'era in vena, si lasciava strapazzare, tirare le orecchie e la coda, mettere la mano in bocca, senza nč ringhiare nč impermalirsi. Meno che quand'era l'ora vicina che il babbo tornava a casa, o che gli paresse di sentire la sua voce gių in piazzetta, mi dava uno strattone e via.... montava, con un lancio, sul davanzale della finestra a guardare in gių, con gli orecchi penzoloni, pronto ad abbaiare appena lo vedeva e poi via... dalle scale, gių, a ruzzoloni, fino alla porta di casa.
Povero Cecco! Chi l'avesse avuto a dire che il suo grand'amore al babbo gli sarebbe stato fatale! Un giorno; povera bestia, o che avesse gli unghioli troppo lunghi e sfuggicasse, o ci avesse qualche cosa di sudicio attaccato alle zampe, o, pių probabilmente, la gran foga di correre incontro al padrone...; nel secondo che alzō gli occhi alla finestra, intanto che la mamma preparava le scodelle, sento un gran tonfo e un urlo del babbo!.. Cecco s'era buttato disotto e non so proprio per qual fortuna (stavano a un 5° piano) non morė sul colpo.
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