Rivedo quella cara facciona di burbera benefica; rivedo que' sereni occhi celesti che le ridevano sempre a dispetto del suo guardar con sussiego, come se avesse paura che la gente scoprisse che cor di zucchero aveva in petto; rivedo il suo passo pesante e altero quando, con le camerate delle giovinette (lei era delle Verdi; perchè San Ponziano essendo un istituto privato, pareggiato alle Normali, le fanciulle delle quattro classi portavano le ciarpe a tracolla, rosse, verdi, bianche e blu) faceva il giro delle Mura di Lucca.
Per dire il vero tutte quelle graziose e belle bambine e fanciulline e giovinette (chè ve n'erano di assai grandi) mi facevano, a quei tempi, per esser così piccolino e timido, una paura maledetta; perchè appena mi vedevano (la mamma usciva sempre sulle Mura a due passi da casa, il giovedì per salutar la zia che passava) mi chiappavano, a furia, in mezzo e lì, carezze, e baci e cioccolatini e chicche che era una maraviglia. Ma quel bisbiglio, quelle voci delle bimbe, sùbito sùbito erano raffrenate dai gesti duri e dalle grinte arcigne delle altre maestre e io ne avevo una paura birbona: pare impossibile! il primo mio amore (Numi del cielo che bestemmia!) dovevo provarlo (come narrerò a suo luogo) proprio per una giovinetta della classe della zia Adelina; e doveva poi esser tanto forte, da farmene rimanere l'impressione soave per tutto il resto della vita.
Non ho detto che la casata di mio padre era nobilissima di Siena: lo dico ora, e ne riscriverò in seguito con più precisione.
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